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Perché sfruttare i Neuroni Specchio in periodo COVID-19

Premetto non sono un neuro-scienziato ma amo leggere e approfondire. 🙂

Ma c’è una cosa che può essere utile ribadire ad allenatori e atleti.

Soprattutto in questa fase di “transizione Covid” è importante sollecitare e “sfruttare al meglio” i nostri amici “neuroni specchio”.

Ormai molti sanno che alla fine degli anni 90, all’Università di Parma, un gruppo di scienziati, guidati dal professor Rizzolatti (vincitore nel 2014 del premio Brain Prize) ha fatto questa importante scoperta:

nel nostro cervello ci sono aree premotorie dove si attivano “i neuroni specchio”.

Ora, si sa che questi neuroni posseggono importanti caratteristiche visuali-motorie, e che si attivano sia quando un individuo è sottoposto a uno stimolo visivo e sia quando compie un atto motorio.

In sostanza,

si attivano quando un atleta compie un’attività motoria finalizzata (con un obiettivo specifico) e quando si osserva un altro individuo che compie la medesima azione.

Perciò guardare un giocatore che calcia un pallone sollecita gli stessi neuroni che sono utilizzati sia per vederlo e sia per l’esecuzione dello stesso gesto. (N.B. Questo processo però si compie solo se un soggetto vede fare un’attività motoria che ha precedentemente imparato).

In questo modo un ragazzo sa dare un significato a cosa sta vedendo.

Sa cosa sta facendo “quel suo modello” che sta osservando e questo gli permette anche di prevedere le intenzioni dell’avversario un domani in partita.

Ma c’è un terzo aspetto, altrettanto importante, che spesso viene dimenticato e sottovalutato.

Questi neuroni si attivano anche quando un atleta VISUALIZZA, quando immagina di compiere un determinato gesto, in una sorta di “realtà virtuale”.

Quanto più un atleta dedica qualche minuto al giorno per visualizzare se stesso compiere al meglio quel gesto, quell’azione specifica, tanto più attiva quei neuroni e allena la sua parte inconscia!

Elementi che poi saranno più “attivi e re-attivi” nella situazione concreta della gara.

Quindi cosa importante: l’abilità di un atleta è data in parte dal suo codice genetico, ma dall’altra dalla quantità e dalla qualità degli stimoli che poi quell’atleta riceve e che auto-alimenta.

Un ragazzo può essere anche il figlio di un campione olimpionico, può aver ereditato la struttura fisica, la forza, l’altezza dai genitori, ma l’abilità tecnico-tattica-cognitiva tipica del calcio (e di altri sport situazionali) si può migliorare solo con l’allenamento, specifico, reale e virtuale!

Ricordo che noi abbiamo una mente conscia e una mente inconscia.

La prima è la nostra razionalità: analizza, valuta, decide, critica.

La seconda è la nostra istintività. Questa lavora a un livello più profondo, non è per niente logica; lei non pensa, lei “sente”, “prova”, e viene alimentata dalla creatività, dalla fantasia, dalle visualizzazioni.

In allenamento dobbiamo far lavorare molto la mente conscia, per arricchire quanto più è possibile il bagaglio tecnico e tattico delle varie alternative, (quindi analizzando, valutando e provando tutte le opzioni).

Ma in partita dobbiamo lasciare spazio libero alla mente inconscia che sceglierà ed eseguirà la miglior opzione tra tutte quelle allenate!

Come possiamo ben capire, arrivare alle proprie “performance al top” è un vero e proprio PROCESSO: comporta tanti aspetti, sia quelli più “concreti-materiali” sia quelli “mentali-emozionali”.

E val la pena ricordare ai nostri atleti di “allenarsi ad allenarli” tutti!

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